IL PRETORE
    A scioglimento della riserva cosi' dispone.
    Rileva  di ufficio una questione di costituzionalita' nel presente
 giudizio avente ad oggetto l'opposizione  alla  ordinanza-ingiunzione
 emessa dell'ispettorato provinciale del lavoro di Milano che, per una
 infrazione  depenalizzata,  ha comminato a Raffaele Novi una sanzione
 pecuniaria.
    L'opponente ha tempestivamente presentato nella cancelleria  della
 pretura  di  Monza  il  ricorso in opposizione deducendo una serie di
 motivazioni a sostegno dell'opposizione.
    Nel  ricorso  il  ricorrente  personalmente,  non  assistito   ne'
 rappresentato  da  un  procuratore  legale,  ha  dichiarato di essere
 residente nel comune di Cologno Monzese, comune posto nell'ambito del
 mandamento della pretura di Monza.
    La cancelleria, dopo la fissazione dell'udienza da parte del  pre-
 tore,  ha  provveduto  a  comunicare  il  decreto all'ispettorato del
 lavoro di Milano ed al ricorrente.
    La comunicazione a  quest'ultimo  e'  stata  eseguita,  attraverso
 l'ufficio giudiziario, nella sede della cancelleria stessa; invero il
 disposto  dell'art. 22 della legge n. 689/1981 prevede che, avendo il
 ricorrente,  che  si  difende  personalmente,  omesso   di   eleggere
 domicilio   nel  comune  di  Monza,  sede  del  pretore  adito,  ogni
 comunicazione va fatta presso la cancelleria stessa.
    Il ricorrente all'udienza del 23 gennaio 1992, evidentemente senza
 aver saputo nulla della data dell'udienza, non si e' presentato.
    L'attivita' di comunicazione del cancelliere e' del tutto legale e
 va escluso che, di fronte ad  una  notificazione  perfetta  sotto  il
 profilo  formale,  questo  pretore  potesse  ordinare la rinnovazione
 della notificazione in un luogo diverso  da  quello  stabilito  dalla
 legge.
    Si  aggiunga  che  una  prassi  adottata  da questo ufficio fino a
 qualche anno fa, con maggior considerazione delle  aspettative  degli
 interessati,  faceva  si'  che  le  comunicazioni di cancelleria alla
 parte costituita personalmente  fossero  effettuate  presso  il  loro
 "domicilio  reale" indicato nel ricorso. Pero', con una circolare del
 Ministero  di  grazia  e  giustizia  (del  9   aprile   1985,   prot.
 4/1152/19.849  della  direzione  generale degli affari civili e delle
 libere professioni), l'ufficio di cancelleria e' stata  richichiamato
 ad  un  maggior  rispetto  della  normativa  in  tema  di luogo delle
 notificazioni nei casi in cui in un  giudizio  di  pretura,  non  sia
 stata  eseguita la elezione di domicilio nel comune sede dell'ufficio
 giudiziario. In tale circolare si faceva riferimento, peraltro ad uno
 stabile orientamento della suprema Corte di cassazione,  per  cui  si
 riteneva nondimeno ammissibile (ai sensi dell'art. 82 r.d. 22 gennaio
 1934,  n.  37)  la  comunicazione  presso lo studio professionale del
 procuratore legale esercente nell'ambito del circondario ove e' posta
 la pretura adita, anche se questo non  avesse  eletto  domicilio  nel
 comune  ove  e'  ubicata  la pretura (vedi da ultimo cass. 8 novembre
 1989, n. 4676, in Foro it., 1990, I, 891).
    Di   fronte   alla   mancata   comparizione   dell'opponente    il
 rappresentante della prefettura ha chiesto che il pretore dichiarasse
 la  convalida  della ordinanza-ingiunzione opposta ai sensi dell'art.
 23 della legge n. 689/1981.
 Rilevanza.
    Il pretore, quindi, ritiene di ufficio di porsi  la  questione  di
 costituzionalita' della norma di cui all'art. 22 comma nella parte in
 cui   prevede   che  "il  ricorso  deve  contenere  altresi',  quando
 l'opponente non abbia indicato il suo procuratore,  la  dichiarazione
 di  residenza  o  la  elezione di domicilio nel comune ove ha sede il
 pretore adito".
    La questione e' rilevante nel presente giudizio in quanto  qualora
 fose  rilevata  la  incostituzionalita' della norma, la notificazione
 eseguita dovrebbe ritenersi nulla e questo pretore potrebbe  ordinare
 la rinnovazione del domicilio indicato (reale), con la conseguenza di
 dare  notizia  effettiva all'interessato della data di udienza in cui
 deve comparire.
    In caso  contrario  a  questo  giudice  non  rimarebbe  che  dover
 convalidare  l'ordinanza-ingiunzione,  ai  sensi dell'art. 23, quinto
 comma,  della  legge  24  novembre  1981,  n.  689,  per  la  mancata
 comparizione  dell'opponente (che, in concreto, non e' stato messo in
 grado di saper nulla della data di udienza).
 Profilo storico della normativa in  tema  di  elezione  di  domicilio
 della parte che si difende personalmente.
    Orbene   a   questo   giudicante   sembra   che  la  questione  di
 costituzionalita' di tale norma, sotto il profilo della disparita' di
 trattamento, non sia manifestamente infondata.
    L'art.  22  della  citata  legge  n.   689/1981   trova   un   suo
 corrispondente nell'art. 314 del c.p.c. che impone la dichiarazione o
 la  elezione  di  domicilio  nel  comune  in  cui  ha  sede l'ufficio
 giudiziario adito e sanziona tale omissione con la "possibilita'" che
 le comunicazioni e le notificazioni siano eseguite validamente presso
 la cancelleria (art. 58 delle disp. att. del c.p.c.).
    La norma e' dettata in tema  di  giudizio  innanzi  al  pretore  o
 conciliatore  e  non  ve  ne  e' una analoga, invece, per il giudizio
 innanzi al tribunale.
    Orbene la giurisprudenza da epoca risalente (Cass. 28 maggio 1955,
 n. 922, in giust. civ. 1956, I, 963) ed in modo uniforme ha  ritenuto
 che  la  norma  si  applicasse  non  solo  alla  parte che si difende
 personalmente, ma pure a quella costituita  a  mezzo  di  procuratore
 legale. Ne traeva la conseguenza che le comunicazioni e notificazioni
 al  procuratore  che  avesse  la sede del suo studio professionale in
 altro comune diverso da  quello  sede  del  giudice  adito,  potevano
 essere ritualmente eseguite presso la cancelleria.
    Anche  se  autorevole  dottrina propugnava una interpretazione che
 limitasse la necessita' di elezione o dichiarazione alla  sola  parte
 che si difendesse personalmente (traendo spunti dal dettato dell'art.
 170,  terzo  comma, del c.p.c.), la opinione sopra esposta e' rimasta
 ferma nella giuridisprudenza nel corso degli anni successivi.
    Tuttavia,  attraverso  altra  strada  la  stessa giurisprudenza e'
 giunta a  legittimare  la  comunicazione  al  "domicilio  reale"  del
 procuratore  legale attraverso la "riesumazione" di una norma dettate
 per la disciplina della professione legale.
    Infatti, con affermazioni di principio che  costituiscono  per  la
 uniformita'  e  costanza,  "diritto  vivente",  la  suprema  Corte di
 cassazione ha ribadito numerose  volte  la  persistente  operativita'
 dell'art.  82  del  r.d.  22  gennaio  1934,  n.  37, secondo cui, in
 mancanza di elezione di domicilio nel luogo ove ha sede la  autorita'
 giudiziaria  presso la quale e' in corso il processo si intende che i
 procuratori che esercitano il proprio ufficio in  una  circoscrizione
 di  tribunale  "diversa"  da quella in cui si svolge il loro ufficio,
 abbiamo  eletto  domicilio  presso  la   cancelleria   dell'autorita'
 giudiziaria.
    In  forza  di  tale  norma  si  e'  ritenuto  "a contrario" che le
 comunicazioni e notificazioni per il  procuratore  esercente  "nella"
 circoscrizione  del  tribunale  vadano sempre e comunque fatte al suo
 studio  professionale  in   qualsiasi   comune   (nell'ambito   della
 circoscrizione)  sia posto (da ultimo Cass. 8 novembre 1989, n. 4676,
 supra cit., Cass. 23 marzo 1985, n. 2087, in Foro it. 1985,  I,  2183
 nonche' Cass. 5 gennaio 1983, n. 4).
    Tale   interpretazione   appare   rispettosa   della  liberta'  di
 ubicazione dello studio professionale e delimita in modo  deciso,  ma
 non  asfittico,  l'ambito  territoriale in cui devono essere fatte le
 comunicazioni (coincidente con la circoscrizione del  tribunale),  le
 quali  in  tal  modo  risultano alquanto agevolate nella speditezza e
 sicurezza.
 La norma sospetta di costituzionalita'.
    In questa situazione normativa si e' inserita la legge 24 novembre
 1981, n. 689, che all'art. 22, terzo, quarto e quinto comma, dispone:
    "Il ricorso deve contenere altresi', quando l'opponente non  abbia
 indicato  il  suo  procuratore,  la  dichiarazione  di residenza o la
 elezione di domicilio nel comune ove ha sede il pretore adito".
    "Se manca la indicazione del procuratore oppure  la  dichiarazione
 di  residenza  o  la  elezione di domicilio, le notificazioni vengono
 eseguite mediante deposito in cancelleria".
    "Quando e' stato nominato un procuratore  le  notificazioni  e  le
 comunicazioni  nel  corso  del procedimento vengono eseguite nei suoi
 confronti secondo le modalita'  stabilite  dal  codice  di  procedura
 civile".
 Una precedente pronunzia di codesta Corte.
    Questo  pretore  ritiene  di  rilevare di ufficio la non manifesta
 infondatezza della questione di costituzionalita' di tale norma  gia'
 sollevata  con  ordinanza  del 30 ottobre 1985 (in Foro it., 1986, I,
 2938)   e   dichiarata   manifestamente   infondata    dalla    Corte
 costituzionale  con  ordinanza  del 19 gennaio 1988, n. 42 (Foro it.,
 Rep. 1988, voce Sanzioni amministative e depenalizzazione, n. 111).
    Le ragioni addotte dalla Consulta non appaiono affatto convincenti
 in quanto motivate solo da una (innegabile|) diversita' "sostanziale"
 della posizione tra il procuratore legale e la parte che  si  difende
 personalmente.   Questo   pretore,   quindi,  ritiene  di  sottoporre
 nuovamente la questione  all'esame  della  Corte  prospettando  nuovi
 profili che potrebbero far riesaminare la valutazione gia' espressa.
 La non manifesta infondatezza e nuovi profili di incostituzionalita'.
    Va ribadito, con decisione, che la disparita' di trattamento viene
 in  considerazione  non tanto quanto differenza formale, quanto sotto
 il profilo (essenziale) della effettivita' della difesa nel  processo
 di  opposizione,  in  una funzione "dinamica" di valorizzazione delle
 esigenze di difesa della parte che si difende parsonalmente;  infatti
 la  parte che si sobbarca alla difesa personale (per evidenti ragioni
 di economicita') gia' viene gravata da  attivita'  gravose  quali  la
 spiegazione  delle  ragioni di opposizione, il deposito personale del
 ricorso ed il  dover  presenziare  all'udienza  fissata  (a  pena  di
 improcedibilita').
    Pretendere  dalla  parte che si difende da sola senza il ministero
 di un procuratore abilitato all'esercizio professinale  e  che  abbia
 indicato  il  proprio  domicilio  in  un  comune della circoscrizione
 giudiziaria,  anche  la  elezione  di  domicilio  nel   comune   sede
 dell'Ufficio giudiziario, quando, invece, tale onere non e' richiesto
 al  "difensore tecnico" (e, si noti bene, neppure all'amministrazione
 contro cui viene svolta  l'opposizione),  appare  una  ingiustificata
 disparita'  di trattamento del tutto irrazionale in relazione al bene
 che la legge vorrebbe difendere (la speditezza delle comunicazioni).
    Va aggiunto (ed e' questo un  nuovo  profilo  che  si  aggiunge  a
 quelli  dell'ordinanza di rimessione dichiarata infondata dalla Corte
 costituzionale) che l'onere di elezione di domicilio viene  addossato
 esclusivamente  all'opponente  mentre analogo onere non viene imposto
 all'amministrazione opposta (che si difenda "in  proprio"  attraversi
 propri  funzionari  delegati)  alla  quale  ogni  comunicazione viene
 eseguita dalla cancelleria  nella  sua  sede  effettiva  (addirittura
 anche  se  posta  fuori della circoscrizione giudiziaria: per esempio
 nei confronti del  prefetto  di  Milano  per  fatti  accertati  nella
 circoscrizione di Monza).
 Lo spirito della legge e la valorizzazione della "difesa personale".
    Tra  i  principi  ispiratori  della  nuova  normativa  in  tema di
 giudizio di opposizione contro le sanzioni pecuniarie per  violazioni
 amministrative  vi  e'  quello della facolta' dell'opponente (e della
 amministrazione) di difendersi personalmente (art. 23, quinto  comma)
 senza necessita' di alcuna autorizzazione.
    In  tal modo si e' voluto rendere piu' accessibile al controversia
 giudiziaria al privato privo di assistenza legale che,  per  sanzioni
 di  modesta  entita',  poteva  trovare troppo dispendioso e complesso
 affidarsi ad un tecnico legale professionale.
    Ma tale "accesso" alla giustizia in posizione paritaria  a  quella
 di  chi  e'  munito  di  assistenza  legale  viene  in  seguito  alla
 formulazione del terzo, quarto e quinto comma  dell'art.  22,  appare
 vistosamente   limitato  con  evidente  violazione  di  due  principi
 costituzionali.
 La (ingiustificata) disparita' di trattamento.
    In primo luogo sotto il profilo della  disparita'  di  trattamento
 sia  sotto  il  profilo  della parte che si difende con un "difensore
 professionista" sia sotto il profilo della  mancanza  di  un  analogo
 onero  nei confronti dell'amministrazione opposta (che si difenda "in
 proprio" attraverso suoi funzionari).
    Poiche' le posizioni delle parti non  devono  essere  pregiudicate
 dalla  circostanza che una sia rappresentata da un procuratore legale
 (iscritto nella circoscrizione del  tribunale  a  cui  appartiene  la
 pretura  adita)  e  l'altra  si difenda personalmente (residente pure
 nella  circoscrizione  del Tribunale), e' evidente che porre soltando
 ad una l'onere di eleggere o dichiarare  domicilio  nel  comune  sede
 della  Pretura  costituisce  una  vistosa violazione del principio di
 eguaglianza (art. 3 della Costituzione).
    Al  procuratore   legale,   infatti,   la   cancelleria   comunica
 direttamente  al  suo  studio professionale (anche se posto fuori del
 comune sede dell'ufficio giudiziario,  purche'  nella  circoscrizione
 del  Foro)  l'avviso relativo alla udienza fissata dal pretore per la
 discussione; alla parte che  si  difende  personalmente,  invece,  il
 medesimo  avviso  e'  notificato,  simbolicamente,  presso  la stessa
 cancelleria, senza che  questi  possa  saper  nulla  in  concreto,  o
 comunque,   costringendo   l'interessato  ad  una  onerosa  opera  di
 informazione.
    Tale   diversita'   di   trattamento   non   appare   giustificata
 razionalmente sotto alcun profilo.
    Invero  le due posizioni sono "funzionalmente" sotto lo stesso pi-
 ano nel processo di opposizione e la appartenenza di  un  procuratore
 legale  ad un ordine professionale e' circostanza che puo' operare su
 piani diversi, ma non certo su quello della indenita' delle posizioni
 e degli oneri nell'ambito del rapporto processuale sotto  il  profilo
 della effettivita' della difesa.
 Il principio di eguaglianza in senso dinamico.
    Vi  e'  di  piu': il principio di eguaglianza va valutato in senso
 dinamico (art. 3 della  Costituzione)  e  la  parte  che  si  difende
 personalmente  dovrebbe,  (proprio per la sua caratteristica di "non-
 professionalita'" e per la presunzione di non essere  particolarmente
 abbiente  cosi'  da  non  potersi  permettere l'opera di un difensore
 tecnico)  essere  posta  su  un  piano  di  particolare  agevolazione
 processuale,  quantomeno  sotto  il profilo della semplificazione del
 rito e degli oneri conseguenti a suo carico).
 Mancanza di ragionevolezza della norma rispetto  al  bene  che  vuole
 proteggere.
    Il  bene  che  la  norma  vuole  proteggere  e'  solo quella della
 speditezza  delle  comunicazioni  da  effettuarsi   nell'ambito   del
 processo.
    Ma  a  ben  considerare l'onere imposto e' viziato da un "eccesso"
 formale rispetto al bene protetto. Non vi e'  sostanziale  differenza
 tra   l'inviare   una   comunicazione  nella  citta'  di  Monza  sede
 dell'ufficio giudiziario o in quella  di  Sesto  San  Giovanni  o  di
 Cologno Monzese (che distano 5-6 km dal capoluogo).
    Invece,  senza  che  vi  sia  una  valida  ragione giustificativa,
 vengono posti a carico della parte che si difende personalmente oneri
 davvero gravosi.
    Si pensi alla persona che sia costretta  a  recarsi  di  tanto  in
 tanto  nella  cancelleria della pretura (che giustamente non fornisce
 informazioni attraverso il telefono) posta in un  comune  diverso  da
 quello  ove  egli abita, per sapere se e quando il pretore ha fissato
 l'udienza di comparizione; il tutto con dispendio  di  energie  e  di
 mezzi,  proprio  in  contrasto  con  i  principi  di  semplificazione
 processuale solennemente sbandierati in altre norme (art. 23, ottavo,
 nono e decimo comma).
 Le  norme  (ordinarie)  di  riferimento per valutare la disparita' di
 trattamento ex articolo 3 della costituzione.
    Se ne trae la conseguenza che la norma di cui all'art.  22,  terzo
 comma,   della   legge   24   novembre   1981,  n.  689,  si  profila
 incostituzionale nei limiti in cui non prevede che  la  dichiarazione
 di  residenza  e  di elezione di domicilio della parte che si difende
 personalmente  possa  essere  legittimamente  eseguita  in  qualsiasi
 comune ove egli risieda del circondario a cui appartiene l'ufficio di
 pretura  adito  (con  conseguente  obbligo di notificazione ivi degli
 atti del processo).
    La norma di riferimento, ai fini della disparita' di  trattamento,
 e'  quella  dell'art.  82  del  r.d.  22  gennaio  1934, n. 37, nella
 interpretazione (diritto vivente) offerto dalla applicazione uniforme
 della giurisprudenza secondo cui la notificazione va  effettuata,  se
 il  procuratore  operi  nell'ambito della propria circoscrizione, nel
 domicilio da  esso  indicato  o  risultante  dall'albo  professionale
 (ancorche'  si  trovi  in  un  comune  diverso  da  quello della sede
 dell'ufficio giudiziario), ovvero, quando  eserciti  fuori  di  detta
 circoscrizione,   nel   domicilio   eletto   nel   luogo  della  sede
 dell'ufficio giudiziario (considerandosi, in  difetto,  elettivamente
 domiciliato  presso la cancelleria di quell'ufficio) (Cass. 12 giugno
 1990, n. 5704).
 Violazione del principio di difesa processuale.
    Il dubbio di costituzionalita' si configura, per quanto  e'  stato
 detto,  anche  sotto  il  profilo  dell'art.  24  della Costituzione.
 Invero, l'imporre ad una parte non professionale l'onere di  eleggere
 domicilio  in  un comune diverso da quello della sua residenza (posti
 entrambi nel  medesimo  circondario  del  tribunale)  costituisce  un
 aggravio  di  costi  e di operazioni che, di fatto, rende inutilmente
 difficile l'esercizio del diritto di azione; la sanzione, in caso  di
 mancata  elezione  o dichiarazione, costituisce ancor piu' una palese
 violazione  del  diritto  di  difesa  perche'  attua  una  forma   di
 conoscenza legale fittizia a cui la parte privata puo' sopperire solo
 con  una iniziativa di informazione che appare del tutto spropositata
 in tutti quei casi in cui la difesa personale  caratterizza  proprio,
 secondo  cio'  che  accade normalmente, la infrazione di piu' modesta
 rilevanza sanzionatoria.
 Eventuale  estensione  della  incostituzionalita'  alle   norme   del
 processo civile.
    Spettera',  poi,  alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 27
 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  dichiarare  eventualmente  che  la
 pronunzia  di incostituzionalita' si estenda anche (vi e' la medesima
 ragione giustifiatrice) all'art. 314, secondo coma, del c.p.c.  e  58
 disp.  att.  al  c.p.c.  nell'attuale formulazione; va opportunamente
 evidenziato, pero',  che  mentre  la  norma  oggetto  della  presente
 ordinanza  di  rimessione  prevede  che  per  la  omessa  elezione  o
 dichiarazione "le notificazioni vengono eseguite mediante deposito in
 cancelleria" (senza possibilita' alcuna di agire  diversamente),  nel
 caso  disciplinato  dal  codice  di  procedura  civile  la  norma usa
 l'espressione "possono eseguirsi mediante  ..),  lasciando  intendere
 una  possibilita'  discrezionale  che, nondimeno, ad avviso di questo
 giudicante, non esclude anche  in  tale  ipotesi  una  ingiustificata
 disparita' di trattamento, costituzionalmente sanzionabile da codesta
 Corte.
    Va  segnalato  altresi'  che  in una risalente pronunzia avente ad
 oggetto la questione di costituzionalita' dell'art.  58  delle  disp.
 att.  del  c.p.c. (Corte costituzionale ord. 27 febbraio 1974, n. 49,
 in giurisprudenza costituzionale, 1974,179) codesta  Corte  restitui'
 gli  atti  al  giudice a quo per un nuovo esame sulla rilevanza della
 questione proprio in  relazione  alla  possibilita'  di  applicazione
 congiunta degli artt. 10 del r.d.-l. 27 novembre 1933, n. 1578, ed 82
 del  r.d.  22  gennaio 1934, n. 37; circostanza questa, evidentemente
 esclusa per la parte che si difende personalmente.